Discorso 25 aprile 2023

Piazza Foglia, 25 aprile 2023

Di Ernesto Poggi, presidente ANPI Rozzano

L’ANPI ringrazia il Sindaco per l’invito alla cerimonia con cui si commemora il 78° anniversario della liberazione dal nazifascismo.

Ricordiamo in questo giorno i partigiani che combatterono per una società nuova ispirata ai principi della Costituzione nata dalla Resistenza.

Più che mai oggi è necessaria la difesa di questa Costituzione, cioè i suoi valori di libertà, giustizia sociale, lavoro, solidarietà, pace, antifascismo.

L’attuazione della Costituzione, non le sue modifiche che possono stravolgerla, costituisce un grande passo avanti. Ha affermato Liliana Segre nel discorso con cui ha aperto la XIX legislatura da presidente provvisorio del Senato: “Se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione (peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi) fossero state impiegate invece per attuarla, il nostro sarebbe un paese più giusto e anche più felice”.

Tra i valori della nostra Costituzione nata dalla Resistenza la pace e l’antifascismo sono quelli che le attuali vicende mettono in primo piano.

La guerra in Ucraina di cui si parla, senza sempre capirne purtroppo la gravità, è un argomento molto discusso.

L’ANPI è fedele all’articolo 11 della Costituzione in cui si afferma che”l’Italia ripudia la guerra”. Per questo, pur nel rispetto delle idee di quegli antifascisti che non collimano con le nostre, nel nostro recente Congresso Nazionale si è affermato che l’invio di armi in Ucraina è un errore. Il fatto che in questa cobelligeranza (perché di ciò si tratta) noi mettiamo le armi, mentre loro (gli Ucraini) mettono i morti, tanti morti, non può lasciarci tranquilli.

L’invio di armi alimenta l’escalation del conflitto che, oltre ad accrescere la sofferenza del martoriato popolo ucraino, può esporre l’umanità a pericoli potenzialmente senza ritorno.

Consideriamo innanzitutto che non è da escludere, non è fantascienza, la possibilità che il conflitto da convenzionale diventi nucleare. Einstein vedeva lontano quando diceva “L’uomo ha costruito la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”.

E’ recente la notizia che il Regno Unito fornirà armi all’uranio impoverito all’Ucraina finalizzato alla distruzione dei carri armati russi. Conosciamo bene la pericolosità dell’uranio impoverito e i suoi effetti sia sui civili che sui militari che ne vengono a contatto. Il Kosovo ci deve ricordare qualcosa in proposito. Di fronte alle dichiarazioni del Regno Unito, Putin (certamente privo di scrupoli) non ha tardato a replicare che in questo caso la Russia dovrebbe reagire di conseguenza. La Russia ha 6000 testate nucleari; in Ucraina poi, ci sono quattro centrali nucleari, che se colpite anche accidentalmente possono provocare la catastrofe. Dobbiamo quindi domandarci fino a che punto si può essere disposti a correre un rischio così grande.

Il Governo e il Parlamento italiano hanno deciso di inviare dispositivi anche letali all’aggredito. E ciò in modo secretato e soprattutto non tenendo conto del parere della maggioranza del popolo italiano che non è d’accordo con questa decisione.

L’Ucraina è un paese aggredito da un criminale? Sì, certo, ed ha il diritto e il dovere di difendersi.

Senza togliere nulla alla sofferenza del popolo ucraino, non risulta però che l’Italia abbia mostrato una così grande attenzione mediatica nei confronti di altri paesi aggrediti nel passato e nel pre- sente: Iraq, Libia Afghanistan, Siria, Vietnam, Yemen, Palestina. E tanto meno si è impegnata a mandare armi in loro aiuto.

Nello Yemen c’è una terribile guerra in corso che ha già provocato circa 300000 morti (più che in Ucraina) e in questo conflitto l’Arabia Saudita, alleato degli U.S.A, ha grosse responsabilità. L’esposizione mediatica di queste tragiche vicende è comunque praticamente assente.

La guerra è da condannare sempre e la morte, le sciagure, le distruzioni di cui è portatrice valgono per tutti i popoli che le subiscono in egual misura. Inoltre si trascura il fatto che la guerra di Ucraina è iniziata non nel febbraio 2022, ma otto anni prima nel Donbass e allora se ne parlava molto poco, anche se i morti erano migliaia e la Russia non era ancora lo stato invasore.

Il Papa ha detto che “la Nato abbaiava alle porte della Russia” facendo quindi riferimento agli antefatti di questo conflitto. Nella Nato sono gli Stati Uniti ad avere un pesante ruolo egemonico, mentre l’Europa ha scarsa voce in capitolo. Lo stesso Macron ha affermato, al ritorno dal suo recente viaggio in Cina, che l’Europa deve ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti e non lasciarsi coinvolgere in crisi che non sono le sue.

Da più parti si afferma che le sanzioni (moralmente legittime) inflitte alla Russia facciano molto male a noi europei e non solo alla Russia. La Russia non è in default, come si pensava, ma continua ad avanzare, mentre l’attuale situazione mette in ulteriore difficoltà la nostra economia, già in notevole crisi prima del conflitto.  Ammesso e non concesso che il conflitto terribile che abbiamo in Europa sia per la legittima libertà del popolo ucraino e non anche una guerra per procura tra Nato e Russia con l’ombra incombente della Cina, ci sono da fare alcune considerazioni che le persone non indigenti spesso trascurano. Il popolo veramente bisognoso che è in esponenziale aumento in Italia e non solo, di fronte all’unica scelta tra pane e generica libertà, sceglie il pane, cioè la sopravvivenza. La libertà è sacra, ma senza giustizia sociale risulta una parola vuota e si riduce alla “libertà di morire di fame”, come affermava Sandro Pertini.

L’ANPI non è con Putin: lui è diametralmente opposto alla nostra storia e ai nostri valori. Si è assistito comunque, da parte di commentatori politici anche di spessore, a delle trovate strategiche che sfiorano l’assurdo. Si è detto infatti” Non si tratta con il nemico” ed anche” Prima di trattare Putin deve ritirarsi”. Le trattative però non si fanno con l’amico; inoltre si parla di ritiro dopo le trattative. E’ così che funziona. Ma oggi non c’è nessuna prospettiva di negoziato e nemmeno di “cessate il fuoco”. Ciò nonostante che da più parti lo si invochi e che il Papa affermi che “la guerra è un errore e un orrore”.

“C’è un aggredito e un aggressore” si continua a ripetere, ed è vero. Ma ciò viene premesso come un mantra per ammonire a non andare più in là se non si vuole essere accusati di stare con il nemico.

Dopo la guerra l’antifascismo è l’altro valore della Costituzione che le attuali vicende mettono in primo piano. I rigurgiti di fascismo ci sono e non possono essere minimizzati.

Esistono le leggi che proibiscono la ricostituzione del partito fascista ed anche la sua propaganda: la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e le successive leggi Scelba e Mancino.

Eppure sono permessi ogni anno i raduni non certo silenziosi dei neofascisti a Predappio in occasione delle date di nascita e di morte di Mussolini. C’è stata, sempre a Predappio, il 28 ottobre 2022, la loro commemorazione del centenario della marcia su Roma.

Recentemente davanti alla Casa della Memoria a Milano è apparsa la scritta ad opera di Casa Pound: “Fuori l’ANPI dalle scuole”. La Lombardia è tornata da tempo ad essere il laboratorio privilegiato del neofascismo. Sono recenti le provocazioni neofasciste di fronte alle scuole di Brescia con richiami urlati al passato e offese ai partigiani.

A Ferrara sono stati resi pubblici i messaggi whatsapp di un gruppo di fascisti in contatto con il vicesindaco. Vi si afferma che Liliana Segre è “una vecchiaccia tatuata”, che l’olocausto sarebbe “un’invenzione del nemico ebreo”. Si parla del Papa come dell’” eretico Bergoglio”, il processo di Norimberga è considerato una farsa.

Il nostro capo del governo ha poi affermato che i 335 giustiziati dai nazisti con il sistema della decimazione alle fosse Ardeatine sono morti “soltanto perché italiani”, senza aggiungere che questi italiani erano antifascisti.

Soprattutto si è assistito all’uscita infelice della seconda carica dello Stato secondo il quale “L’attentato di via Rasella non è stata una pagina nobilissima della Resistenza perché le vittime non erano biechi nazisti delle SS ma una banda musicale di semi pensionati”.

Queste parole si commentano da sole, se si conosce appena la storia.

Il Presidente del Senato ha anche detto che “nella Costituzione non c’è l’antifascismo”, cioè che in essa non esiste alcun riferimento all’antifascismo. Tutti i valori espressi dalla Costituzione sono però in antitesi con il fascismo. Inoltre questo viene proibito esplicitamente nella XII disposizione transitoria e finale, che prima ho menzionato.

IL 25 Aprile è una festa di tutti, si dice, ed è vero, se ci riferiamo al fatto che la Resistenza non ha avuto un solo colore politico.

E’ comunque la festa dell’antifascismo, non dell’afascismo, che è tutta un’altra cosa. L’afascismo è di coloro che nell’opinione e nell’atteggiamento non prendono posizione chiara nei confronti del fascismo e non di rado dicono in proposito delle mezze verità o fanno tentativi di cancellazione o di revisionismo.  

La nostra carta costituzione non è un testo neutro ma esplicitamente antifascista e, fino a quando sarà in vigore, questo aspetto non è opzionale.

Quindi chi rappresenta le istituzioni, di qualsiasi parte politica sia, deve tener conto di questo, senza reticenze o ambiguità.

Mantenere la memoria attiva della Resistenza è fondamentale. Sepulveda, grande scrittore cileno torturato durante la dittatura di Pinochet, ha affermato che “un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”. L’auspicio dell’ANPI è che questo 25 Aprile sia, debba essere, una festa unitaria, pacifica, popolare e ovviamente antifascista, in cui la Resistenza di ieri sia celebrata e si metta in evidenza che quella di oggi costituisce il nostro intento.

Di ieri è quella dei partigiani che hanno dato la vita per liberarci da un ventennio buio e da una guerra disastrosa.

La Resistenza di oggi è proiettata nel futuro affinché ciò che rappresenta rimanga nelle generazioni che verranno. Essa consiste nell’opporsi a tutti coloro che misconoscono o dileggiano i valori di cui è stata portatrice.

E ciò, sia che lo facciano esplicitamente con parole o azioni non di rado violente, che con tentativi subdoli di rimozione o stravolgimento.

Viva il 25 Aprile! Viva la Resistenza!