
La sezione ANPI di Rozzano considera un onore l’aver contribuito, con la determinante collaborazione dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, alla realizzazione di questo evento nella nostra città.
In esso infatti, la moglie di Gianni Minà Loredana Macchietti, che salutiamo e ringraziamo sentitamente, ci parla del grande giornalista e di Fidel Castro, “leader maximo” della Rivoluzione cubana. Minà, cronista incomparabile, è stato un grande esempio per chi abbia scelto di raccontare il mondo come passione e come lavoro, amico dei deboli e delle personalità scomode e discusse, per questo inviso ai potenti. Infatti si arrivò al rifiuto del suo contributo in RAI. Diceva “Mi hanno epurato da destra e da sinistra”. Infatti, sia Berlusconi prima che d’Alema poi, lo hanno tagliato fuori. Non a caso infatti affermava “Prima ho pagato l’arroganza della destra, poi il pentimento della sinistra di essere stata a sinistra.” Giovanni Minoli diceva che era “un anarchico di sinistra” al servizio delle sue idee. A parte le definizioni e le etichette, che rischiano di essere contraddittorie, Minà era veramente al servizio delle sue idee. Era ovviamente di sinistra, ma non schierato a livello partitico. L’unica tessera che diceva di avere era quella dell’ANPI, quindi i suoi legami solidali con la nostra associazione erano evidenti. La grande passione di Minà era l’America Latina. La visitava descrivendola nelle sue varie sfaccettature, evitando schematismi o semplificazioni. Di essa metteva in evidenza le sopraffazioni, ma anche il coraggio di rialzarsi, il dolore, ma anche la bellezza, la gioia. Descriveva l’America latina come una madre ferita, ma forte. Non nascondeva di essa la condizione miserevole delle favelas, ma metteva in evidenza anche la capacità del suo popolo di ribellarsi, metteva in evidenza la forza delle rivoluzioni. E di Cuba, della Rivoluzione cubana, Minà si è occupato in modo particolare. Lo dimostra il dialogo da lui avuto per tanti anni con Fidel, che è l’oggetto della conferenza di questa sera. Lo dimostrano le quattro interviste che ha fatto al Comandante di cui la prima, nel 1987, durò ben 16 ore. Minà era molto attratto da questo monumentale personaggio e aveva rispetto per ciò che rappresentava, cioè Cuba, la sua rivoluzione. Non era comunque un pennivendolo al servizio del potere, figura che oggi abbonda. Non era disposto all’asservimento, alla faziosità, alla frivolezza. Quando chiese a Fidel se desiderasse conoscere in anticipo le domande dell’intervista, lui fu drastico nella risposta” No. Con la storia che abbiamo possiamo avere paura delle parole?” In questi casi si tratta di una scelta non comune da parte di capi di stato, anche di quelli cosiddetti democratici. Le domande di Minà erano rispettose ma non in ginocchio. Né Fidel si sottrasse al confronto, né Minà evitò di fare domande anche scomode. Minà affermava che Fidel ha sempre rivendicato il diritto di autodeterminazione del proprio popolo scegliendo un sistema inviso agli Stati Uniti. E inoltre diceva che è stato l’unico nel mondo moderno che abbia fatto una rivoluzione e non l’abbia persa. In effetti se nel 1959 Castro non avesse vinto, oggi Cuba sarebbe nelle stesse condizioni di Haiti, uno dei paesi più poveri del mondo. Oggi purtroppo Cuba è in gravi difficoltà e di esse il “bloqueo”, che dura da sessant’anni, è la causa maggiore. Quindi il sostegno le è più che mai indispensabile.
Per chi, oggi con i capelli bianchi, ha vissuto nel secolo scorso gli anni della speranza, quegli anni in cui si esaltavano Fidel, il Che e tutte le esperienze rivoluzionarie, e si credeva che attraverso quelle idee si potesse cambiare il mondo, per queste persone sostenere Cuba è facile, viene naturale. Lo è anche per chi oggi, pur non avendo vissuto per ragioni anagrafiche quei momenti, si sente vicino a Cuba, alla sua rivoluzione. La difesa di Cuba non si limita comunque ai sostenitori di sempre, ma il persistente accanimento contro la sua stessa esistenza provoca un’indignazione più estesa, non circoscritta. Questo perché il problema Cuba, l’embargo a cui è sottoposta, la sua lotta per continuare ad esistere difendendo i suoi valori con orgoglio e dignità non è solo una questione ideologica ma di giustizia. Per questo in sua difesa non si alzano solo voci partigiane. Nell’ottobre del 2024 l’Assemblea Generale dell’ONU ha espresso ancora una volta a larghissima maggioranza il suo sostegno a Cuba, ribadendo la richiesta di porre fine all’embargo economico, finanziario e commerciale impostole dagli Stati Uniti. Due contrari a questa richiesta: USA e Israele; un astenuto: la Moldavia. Le misure coercitive unilaterali (di queste si tratta) sono illegali, in quanto incompatibili con il diritto internazionale, il diritto umanitario e la Carta stessa delle Nazioni Unite. Inoltre le misure coercitive unilaterali hanno elevati costi umani, e un impatto sproporzionato, discriminatorio sulle persone.
C’è da aggiungere poi, come se non bastasse, che ultimamente Trump ha reinserito Cuba nell’elenco dei paesi sponsor del terrorismo. Inoltre Trump ha nominato segretario di stato Marco Rubio, figlio di immigrati cubani a Miami, appartenente alla destra più oltranzista. Il bloqueo rende difficile a Cuba acquistare farmaci antitumorali e dispositivi medici come i pacemaker. Il turismo, una delle principali fonti di reddito del paese è sotto attacco con diverse misure di soffocamento. Marco Rubio ha introdotto inoltre nuove sanzioni contro Cuba che prendono di mira i programmi di assistenza attraverso cui l’Avana invia medici all’estero a paesi che ne fanno richiesta. Il programma di cooperazione medica internazionale, avviato negli anni 60 è per Cuba di vitale importanza, soprattutto nell’attuale situazione di isolamento che subisce. Si consideri che l’utilizzo di medici cubani (di cui è conosciuta la notevole professionalità) avviene anche in Italia. In Calabria, presente da tre anni, è molto apprezzato e utile. L’embargo a Cuba ha ovviamente lo scopo di provocare fame, disperazione e infine il rovesciamento del governo. Spesso a sostegno delle sanzioni, si afferma che Cuba è un gulag tropicale. In effetti c’è del vero in questa affermazione, nel senso che al suo interno c’è un gulag, quello di Guantánamo, dove i prigionieri non sono di Cuba, ma degli Stati Uniti. Cuba, nonostante il soffocante assedio mantiene un servizio sanitario e un sistema di istruzione efficienti e gratuiti. Ciò non è paragonabile con la situazione di abbandono e degrado di altri paesi dell’America Latina.
Gli USA, dove tra l’altro il welfare non funziona (tutto è privato) e i poveri certo non mancano, considerano dittatura tutto ciò che è diverso dalla loro ideologia neoliberista e fanno del diritto di voto e della libertà i loro simboli. Il sostegno da parte degli USA di feroci dittature amiche fa capire però che il problema non è propriamente ideologico, ma nasconde ben altri interessi. Comunque il diritto di voto con il pluripartitismo (magari senza la possibilità di scelta dei candidati) e la libertà di dire quello che si vuole (ammesso che ciò sia veramente possibile) non bastano da soli. Non hanno valore, sono una presa in giro se non ci sono anche pane, lavoro, salute, istruzione. Fidel ha dato orgoglio e dignità al suo popolo e a Cuba il reddito pro capite è più alto rispetto ad altri paesi sudamericani. Le critiche al sistema politico e sociale di Cuba vanno comunque contestualizzate. Spesso sono però tendenziose perché tacciono sugli abusi, le prevaricazioni, le minacce che questo paese subisce da più di sessant’anni. E’ utile ricordare le considerazioni di Minà scaturite da un’intervista a lui fatta da Huffpost Italia nel 2018, dopo l’era dei Castro. Afferma che dopo il ritiro di Raul c’è la fine di un’epoca, che non significa comunque la fine della rivoluzione cubana. Cuba è ancora lì, dice, povera e dignitosa e con un prestigio certamente continentale, ma anche internazionale. E’ lì con le sue indubbie conquiste nella medicina, nello sport, nella scienza, nella cultura.
IL punto più alto del Castrismo per Minà è stato rappresentato dalla solidarietà espressa da Cuba in Africa: all’Angola, alla Namibia e al Sudafrica. Quasi 300mila soldati cubani erano stanziati in quelle zone. Nelson Mandela affermò che senza l’aiuto dei Cubani l’apartheid sarebbe durato molto di più. Cuba non è la perfezione, non è, come ogni realizzazione umana, esente da criticità.
Ma quando in questa intervista a Minà è stato chiesto cosa in sostanza Cuba rappresentasse per lui, ha risposto testualmente” Per me Cuba rappresenta un’utopia riuscita, quella di sopravvivere al più lungo embargo della storia dell’umanità moderna. Solo per questo meriterebbe più rispetto da parte dei mezzi di informazione”. Dopo questa affermazione da parte di un grande giornalista, mai dimenticato non si può che concludere con queste parole di sostegno e di speranza: viva Cuba, viva la sua tenace volontà di resistenza e di autodeterminazione.