di Matilde di ANPI Rozzano
È il 9 ottobre, potrebbe essere un venerdì qualsiasi, se non fosse che finalmente dopo diversi mesi torniamo a manifestare per il nostro danneggiato futuro.
Mi manca manifestare: quella sensazione unica in cui sembra quasi fermarsi il tempo, in cui sembra che ogni nostro passo sia quello giusto per cambiare il mondo.
Mi manca manifestare, si, ma vorrei tanto non doverlo più fare: vorrei poter andare a scuola, andare alla lezione di italiano delle 8.10 come qualsiasi altro studente, senza avere l’angoscia di dover sistemare situazioni più grandi di me.
Ancora non è così, quindi mi preparo: prendo cartellone, zaino e mascherina e mi incammino.
In piazza siamo pochi, intorno ai due cento, fa quasi impressione.
Ma non ho il tempo per pensarci due volte che già qualcuno mi chiama: amici di altre scuole pronti ad alzare il gomito per salutarmi, giornalisti armati di microfoni e macchine fotografiche, e membri di associazioni ambientaliste e non pronte a lasciare volantini a chiunque incroci per sbaglio i loro occhi cercatori di giovani.
Siamo in pochi, ma insieme ci facciamo sicuramente notare.
Tra cori, musica e interventi un ragazzo chiede di metterci in coda per prendere uno alla volta un unico filo verde: metri e metri di questo scorrono sotto le mani di noi manifestanti.
Non capisco a cosa serva, ma mi incammino verso il Duomo, dove stanno andando gli altri che portano il filo davanti a me.
Arriviamo in Duomo, dove un ragazzo ci sta dicendo di continuare a camminare intorno alla piazza e così facciamo fino a posizionarci su delle linee disegnate per terra: finalmente capisco.
Stiamo creando la scritta “climate justice”; Noi non la vediamo, ma sopra le nostre teste sta volando un drone che silenzioso si occupa di fotografarci tutti per vedere la scritta dall’alto.
Siamo in piedi a tenere questo filo verde, mentre ragazze e ragazzi dall’altra parte della piazza parlano al microfono: sono le Lezioni Ambientali organizzate per oggi.
Ora una ragazza che sta spiegando l’incoerenza dell’Eni, che dopo tutti i danni ambientali che ha portato è stata scelta come “maestra di ambientalismo” all’interno delle nostre scuole.
Con le voci degli altri di sottofondo mi distraggo e penso che questo filo verde che ci unisce oggi non sia solo il mezzo per fare una foto, ma significhi molto di più: per me rappresenta la nostra unità in un obbiettivo comune, una vicinanza morale per uno scopo concreto.
Alzo lo sguardo e capisco che gli interventi sono finiti, giornalisti e studenti si dividono, e così faccio anch’io.
Ognuno va dove deve andare, consapevole che forse ci ritroveremo di nuovo a manifestare insieme fra qualche mese.