Caro lettore, ci è sembrato interessante e bello fornire a chiunque si accinga a leggere e consultare questo sito internet le motivazioni per cui siamo antifascisti. Tutte le motivazioni che leggerai saranno quelle di membri iscritti da molto alla nostra associazione ma anche di giovani che sono appena entrati nel mondo dell’antifascismo e si fanno portatori di una memoria che per noi tutti è indimenticabile.
Luigi C. , iscritto da poco all’ A.N.P.I., professa i valori dell’antifascismo sin da giovane e ha deciso di condividere le sue motivazioni.
Sono nato nel 1935 nelle campagne a Sud di Milano da una famiglia di contadini; fin da piccolo ho potuto vedere i soprusi dei fascisti nei confronti della povera gente. Nella cascina dove abitavo, ovvero Ferrabue in Rozzano, successe un fatto di cui serbo ancora il ricordo. Avevo circa 7 anni e in un giorno come tanti, durante la mattinata, cominciano a sentirsi diverse voci su un rastrellamento degli squadristi nelle campagne vicine. Tutti si allarmano poiché era noto soprattutto tra la povera gente la crudeltà e la violenza delle camicie nere. Le voci risultarono vere. Durante quella mattinata girovagavo per il mio paesello, Cassino Scanasio, (che ora è solo una piccola frazione del comune di Rozzano) e mi affaccio, mosso dall’ingenua curiosità della mia fanciullezza, sull’uscio dell’osteria che dava sulla strada Pavese dove stava il centro di comando provvisorio dei fascisti. Il locale era pieno di persone, di fucili, di mitragliatrici e di tanto odio. Entra, subito dopo di me, un ragazzo che avrà avuto non più di 13 anni elogiandosi ampiamente. Egli, chiamando il proprio padre, ovvero il capo degli squadristi, annunciò la sua più grande impresa che aveva compiuto poche ore prima: l’omicidio di un uomo. Ricordo ancora quelle precise parole “ Papà, papà ho ucciso un uomo, scappava ed io l’ho ucciso!” e suo padre pieno di orgoglio fieramente rispose “Bravo,bravo, hai fatto bene!”. Sentite queste parole, pieno di paura sono uscito dal locale e sono corso a casa mia pieno di terrore poiché temevo che avessero potuto far del male anche a me.
Sconvolto, ho raccontato tutto ai miei genitori che si trovavano a casa e loro; al posto di tranquillizzarmi mi sgridarono perché ero andato fra persone pericolose.
Durante quel pomeriggio viene nella nostra cascina un gruppo di squadristi, probabilmente quelli che erano nell’osteria, con l’ordine di trovare degli sbandati che si nascondevano. Non si limitarono, come al solito però, a seguire gli ordini che erano stati impartiti loro: saccheggiarono le case di noi contadini portandosi via tutto ciò che piaceva loro.
Un mio vicino, onesto padre di famiglia (a cui capitò di avere una figlia portatrice di handicap), durante quella giornata aveva appeso in casa, al soffitto com’era d’abitudine tra noi contadini, i salumi che aveva ricavati dall’uccisione del maiale di qualche giorno prima. Le camicie nere, entrate in casa sua, hanno visto gli insaccati ancora un poco colanti di grasso e hanno ben pensato di prenderli come se fossero loro. La resistenza di quel uomo non vi fu perché sapeva che non avrebbe potuto far nulla contro i fascisti che rubavano il frutto di tanta fatica. La cosa che mi ha sconvolto maggiormente è stata come i fascisti si impossessarono degli insaccati: senza rispetto li buttavano dalla finestra ai restanti squadristi che erano al di sotto.
Finito il rastrellamento si cercò di stare vicino a chi aveva subito il sopruso: noi tutti aiutammo, nelle nostre possibilità, quella famiglia che era stata privata di un bene così grande per noi contadini e riuscì ad arrivare alla fine dell’anno.
I rastrellamenti non finirono di certo, ne ce furono molti e mio padre, Pietro, decise di aiutare gli sbandati che scappavano dai fascisti. Prese una scala a pioli e la posizionò nella stalla in modo tale che si potesse raggiungere facilmente il sottotetto che fungeva da fienile. Ogni volta che avveniva un rastrellamento gli sbandati aiutati da mio padre salivano sulla scala in modo da nascondersi. Per far si che inoltre non si vedessero prendevano la scala di mio papà e la portavano nel sottotetto in modo tale che i fascisti non avrebbero potuto salirci e quindi scoprirli.
Mi ritengo quindi antifascista perché ho potuto assistere alla crudeltà e alla violenza delle camicie nere.
Quando vengo a sapere che ci sono persone che elogiano e si professano fasciste provo una sensazione che non mi è nuova, ma che appartiene alla mia giovinezza. Provo rabbia,per i soprusi che hanno fatto; provo terrore per le loro violenze e provo pure dispiacere per tutte le persone che hanno ferito ed ucciso. Non riesco proprio a capire perché ci siano persone come queste e mi arrabbio perché esse ignorano la storia e quanto male hanno commesso i fascisti.
Andrei a combattere contro di loro, mi opporrei ancora a loro come ho fatto precedentemente ma ho 84 anni, le forze non sono più quelle di prima, io non sono più quello di prima…
Confido nei giovani, che possano portare avanti loro la battaglia contro la violenza e la crudeltà dell’uomo, che possano portare avanti loro la battaglia contro il fascismo.
Ora e sempre Resistenza.
Luigi C.
Flavio è un giovane scritto, condivide e professa i valori dell’antifascismo e ha deciso di condividere le sue motivazioni.
Sono solo un ragazzo ma professo i valori dell’antifascismo.
Non ho vissuto il fascismo, la guerra, l’ occupazione tedesca e la resistenza.
Tutto quello che so su questi argomenti l’ho letto sul libro di storia a scuola e l’ho ascoltato dai racconti dei miei nonni.
Fra quanto apprendevo sui banchi e fra quanto mi dicevano i miei nonni però vi era un enorme differenza.
I libri di scuola non raccontano tutto ma si limitano a narrare la storia nei suoi punti salienti, tralasciando molte volte i particolari, i piccoli fatti. Sono però i particolari ed i fatti, che anche se ad una prima occhiata sembrano insignificanti, fanno la storia; come per fare un puzzle ci vogliono tutte le tessere, anche quelle più piccole.
I miei nonni mi hanno dato questi particolari e quindi la possibilità di capire fino in fondo il Fascismo e la Resistenza.
Il primo era odio, violenza, cameratismo assoluto, amore maniacale per la Patria, militarizzazione e repressione forzata degli ideali che non confluivano nella dottrina fascista. Mentre la seconda era voglia di libertà dopo 23 anni di repressione, di diritti, di libertà di parola, di stampa, di pace, di vita.
Sia dai libri di scuola sia dai miei nonni ho compreso perché il Regime Fascista sia stato un periodo buio della nostra storia, e perché è anche un periodo da ricordare per far sì che gli orrori di quel ventennio non capitino più. Il Fascismo è stato un orrore talmente grande che ( al contrario di alcuni paesi occupati dai nazisti dove il fenomeno non fu così capillare ) il popolo, di sua spontanea volontà, ha preso le armi e si è innalzato per fare giustizia. Il popolo non ha aspettato tribunali, giudici, paesi alleati per vendicarsi di chi lo aveva usurpato, ferito, venduto, torturato per tutti quei vent’anni: il popolo è stato artefice diretto della sua volontà; la Resistenza.
Il fenomeno della Resistenza mosse tantissimi uomini e tantissime donne a ribellarsi.
Non era però il tipo di ribellione del Fascismo allo stato rappresentativo e liberale precedente, non era violenta di sua spontanea natura. Gli uomini e le donne della Resistenza, che hanno combattuto, non uccidevano per il gusto di uccidere e non erano obbligati a farlo. I partigiani, come ho avuto la possibilità di capire parlando con loro in persona (quelli rimasti), non volevano uccidere ma erano costretti a farlo per liberare il proprio Paese. Se avessero provato piacere nella vendetta, nella guerriglia, non si sarebbero distinti dai fascisti.
I partigiani ottennero ciò che volevano: pace, libertà, giustizia. Di conseguenza vennero poi la Costituzione, la Repubblica frutto dell’idea mossa dai partigiani.
Io credo in ciò che volevano, io credo nella pace, nella libertà, nella giustizia e credo pure nella Costituzione e nella Repubblica. E come coloro che ci hanno liberato mi reputo antifascista.
Flavio L. F.
Arianna F., giovanissima iscritta all’ANPI, professa i valori dell’antifascismo.
Io sono antifascista perché non potrei non esserlo, nemmeno sono in grado di trovare ragioni per cui appoggiare il fascismo possa essere una scelta . Ritengo doloroso dover spiegare i motivi per i quali opporsi a una dittatura, eppure in questo momento storico sembra tornare utile ricordarli, adesso che il dolore passato inizia ad affievolirsi nella memoria collettiva e l’apologia del fascismo non indegna più quanto dovrebbe. Il fascismo è nemico dei diritti umani, essendo noi tutti umani, il fascismo non è adatto a gli esseri umani, questo ragionamento da solo mi sembra un ottimo motivo per agire affinché nulla di altrettanto alienante e disumano accada, o continui ad accadere, come nel caso di dittature oggi giorno presenti al mondo. Per quanto ora, in un momento di crisi, si sia vogliosi di cambiare qualcosa, e soprattutto tra i giovani si senta il bisogno di agire in modo sovversivo e deciso, è necessario tenere a mente che la risposta alla nostra voglia di cambiamento non si può trovare in una figura dispotica, demagogica e fomentatrice di odio. Caratteristiche importanti in Mussolini, ma anche in tante altre figure che oggi si muovono un po’ troppo vicine a cariche di potere. Per questi motivi è importante protestare e commemorare poiché gli uomini tendono a perpetrare gli stessi errori e la storia a ripetersi. Essere antifascisti è il modo che abbiamo per portare rispetto al passato e speranza al futuro, l’ANPI fonda le proprie radici in un ricordo dato da chi ha vissuto in prima persona il fascismo, per questo motivo funge da ponte con noi giovani, responsabili di portare avanti testimonianze di coraggio e valori morali.
Arianna F.
Irina V., giovanissima iscritta all’ANPI, professa i valori dell’antifascismo.
Essendo io cresciuta in una famiglia di sinistra e in una città (Milano) dove c’è molta tolleranza per tutte le diversità culturali, etniche o religiose, è per me difficile immaginare una realtà chiusa e razzista.
Tuttavia, parlando con gente che il fascismo l’ha vissuto, ho realizzato che noi godiamo di moltissime libertà che ci sembrano naturali e che invece sono frutto della lotta contro l’oppressione. Questa battaglia, che pure non abbiamo vinto da soli, è però un motivo di orgoglio perché molti italiani circa settant’anni fa hanno scelto di combattere contro gli oppressori.
Un fratello di mio nonno è morto a 19 anni in campo di concentramento per aver consegnato delle armi ai suoi compagni partigiani.
Pur non conoscendolo, sono fiera di questo ragazzo, che avendo poco più della mia età, ha fatto una scelta molto rischiosa a danno di se stesso, ma favorendo un futuro migliore a molti.
I problemi tra lo ieri e l’oggi sono ben cambiati. Al giorno d’oggi ci affliggono calamità di natura ambientale, sociale, economica, politica…
Ammiro dell’ANPI il fatto che non voglia dimenticare il passato ma tramandare con storie e testimonianze, valori di amicizia, di fraternità, di libertà e di coraggio senza tempo che la gioventù attuale rischierebbe dimenticare.
Irina V.
Matilde F., giovanissima iscritta all’ANPI, professa i valori dell’antifascismo.
Mi hanno chiesto perché io sia antifascista,
mi permetto di porvi un’altra domanda: come si può non essere antifascisti?
In questi giorni me lo chiedo spesso purtroppo.
Mi guardo attorno e non posso fare a meno di rabbrividire, sento la paura e la rabbia togliermi il fiato in gola: ormai le persone stanno perdendo ogni traccia di umanità che hanno in corpo.
Umanità, ecco di cosa si tratta.
Essere antifascisti significa tenere stretta la propria umanità… e io alla mia non ci voglio rinunciare. Ignorare tutto ciò significa voler dimenticare quello che è successo in passato, e cosa succede quando non ci si ricorda di uno sbaglio?
Lo si ripete.
È li che vogliamo tornare? Io sicuramente no.
Essere antifascisti dovrebbe essere naturale, un istinto che domina su tutti gli altri, e non dovrebbe essere una caratteristica solo, mi permetto di dire, dei più saggi.
Non si tratta di un accessorio, di un cappello che puoi o non puoi mettere, si tratta di un’etica che non possiamo abbandonare. Immaginatevi un uomo che si alza la mattina e prima di uscire di casa si chiede: “Indoe l’hoo lassà el mè sens de giustìzzi la sira de l’alter dì? Seri segùr d’avèl lassà in sul ciffon compagn di mocc!…Fa nagott, per incoeù podi andaa foeura ancha sénza! *” e poi torna con una spilla su cui è disegnata l’aquila romana: dunque, se non ho reso l’idea, è qualcosa che non possiamo mai lasciare a casa.
Io sono antifascista perché credo nel giusto e ci crederò sempre.
Sono antifascista perché per me è naturale come respirare.
Matilde F.
- Dialetto milanese: “Dove l’avevo messo il mio senso di giustizia ieri sera? Ero sicuro di averlo lasciato qui sul comodino insieme alle sigarette!… Va beh per oggi posso uscire senza!”
Lavinia T., giovanissima iscritta all’ANPI, professa i valori dell’antifascismo.
“Quando cominciai a sviluppare un racconto sul personaggio d’un ragazzetto partigiano che avevo conosciuto nelle bande, non pensavo che m’avrebbe preso più spazio degli altri. Perché si trasformò in un romanzo? Perché l’identificazione tra me e il protagonista, il rapporto tra il personaggio del bambino Pin e la guerra partigiana corrispondevano simbolicamente al rapporto che con la guerra partigiana m’ero trovato ad avere io”
Questo scriveva Italo Calvino nella prefazione al suo primo romanzo ‘ Il sentiero dei nidi di ragno ‘, scritto nel 1947. E’ il racconto di come un ragazzino vede attraverso i propri occhi i combattenti della Resistenza partigiana contro gli occupanti tedeschi. Uno dei suoi amici, Lupo rosso, era un sedicenne che era riuscito a scappare dal carcere dopo essere stato picchiato dai tedeschi che lo avevano catturato. E’ un ragazzino che ruba la pistola a un soldato tedesco quasi per gioco, ma i suoi compagni morivano sul serio.
Non è stato facile liberare l’Italia dal nazifascismo, non come riuscire a rubare la pistola a un soldato tedesco impegnato a trascorrere il tempo con la sorella di Pin che faceva la prostituta. E’ una storia di partigiani, come ne sono state scritte altre, ma come le altre nasce dall’esperienza di persone, uomini e donne, che rintanati nei boschi ci sono stati veramente e che hanno provato cosa sia la paura di venire ammazzati da chi stava occupando il suo paese. L’occupazione nazi-fascista io l’ho conosciuta solo attraverso i libri, ma averla sentirla dalla voce di chi delle storie scritte sui libri era il protagonista è ben altra cosa.
Si legge negli occhi delle persone che parlano, non sulla pagina di un libro. L’ANPI è questo, un insieme di persone che hanno condiviso la militanza nelle resistenza e ce ne danno direttamente testimonianza. Capire da chi e cosa hanno liberato il paese acquista ancora più valore se si conosce quanto devastante, in termini di violazione di diritti civili e non solo, sia stato il ventennio fascista culminato con la Seconda Guerra Mondiale e il suo epilogo che ha portato l’Italia a quella che è stata una vera e propria guerra civile, combattuta tra gli italiani stessi e non solo contro gli occupanti tedeschi.
Lavinia T