Pietro Cordoni, l’antifascista di Cascina Ferrabue.

Una fotografia di Pietro Cordoni.

Pietro Cordoni nasce in una famiglia di contadini molto numerosa, con tre fratelli (Adolfo, Luigi, Carlo-detto Carletto) e quattro sorelle (Emilia, Teresa, Caterina e Gina). Venuto al mondo a Pavia il 18 giugno 1904, ancora in fasce, com’era uso ai contadini, si sposta con la famiglia nelle cascine delle varie zone del pavese e del milanese. Durante la sua giovinezza apprenderà due arti del suo mestiere: accudire i buoi e condurli all’aratro, e regolare i flussi d’acqua che irrigano i campi. Assume così i ruoli, come si dice nel nostro dialetto, di bùar e campè. Si sposa, probabilmente quando risiedeva a Zibido San Giacomo, con tale Maria Bergamaschi, anch’ella di umili origini. Trasferitosi nuovamente con la sua nuova consorte, si stabilisce a Lacchiarella, precisamente nella cascina Concorezzo, dove avrà il suo primo figlio, Luigi, nel 1935. Quando suo figlio aveva pochi mesi, all’ennesimo San Martino, a Pietro e alla sua famiglia tocca di nuovo spostarsi e si stabiliscono (questa volta definitivamente) nella Cascina Ferrabue di Cassino Scanasio (frazione di Rozzano). Qui, nel 1938, nascerà la seconda figlia di Pietro, Teresa, che porta il nome di una delle sua sorelle. Pietro fu assunto dalla famiglia latifondista Ferrario e riuscì finalmente ad esercitare le arti che aveva imparato: di camparo e bovaro.

Una fotografia di Pietro Cordoni.

Sin dalla sua giovinezza Pietro ha sempre dovuto subire le angherie della vita: ben sono impresse ancora oggi nel figlio Luigi i ricordi del padre che raccontava i duri scioperi dei braccianti di 40 giorni (non retribuiti) durante il biennio rosso (1919-1920). Per sperare in una condizione migliore Pietro si iscrisse come molti al Partito Comunista Italiano (all’epoca appena nato) e alla cooperativa di contadini ed operai di Rozzano, dove pure probabilmente aveva una propria tazza, come si usava tenere per i soci (anche se lui per ragioni di distanza frequentava poco la cooperativa). Il bagliore però di una speranza di una condizione migliore si spense con l’avvento della dittatura fascista, le camicie nere si approfittavano della condizione dei contadini e ne facevano da padroni, saccheggiando i beni e le cascine dei braccianti. Pietro Cordoni, stremato dalle pesanti condizioni di vita e dalla violenza fascista non riuscì in un primo momento a manifestare le proprie idee di progresso e contro le camicie nere, ma presto ne ebbe l’occasione. L’entrata in guerra dell’ Italia fascista del 10 giugno del 1940, in poco tempo mette Pietro e la sua famiglia in una condizione tragica: non possono mantenere entrambi i figli. Drammaticamente Pietro e la sua famiglia decidono di mandare in una casa famiglia in Emilia Romagna, da solo, il figlio Luigi che all’epoca aveva circa 6 anni. Tornato dopo quasi un anno da questa esperienza sconvolgente per un bambino così piccolo, Luigi ancora per il suo bene e la sua salvezza, viene mandato con una colonia di bambini a Rimini. Al suo ritorno, l’anno seguente, finalmente potrà restare con la sua famiglia, ma purtroppo aveva davanti ancora molti anni di guerra, nei quali vedrà partire e non tornare per la campagna di Russia, suo zio Angelo (da parte di madre). Fortunamente Pietro non partirà mai per la guerra, poiché era l’ultimo di tutti i suoi fratelli, e in quanto tale doveva mantenere oltre che la sua, anche le famiglie dei suoi parenti.

L’unica fotografia di Cascina Ferrabue ( all’epoca in Cassino Scanasio), anni ’70, si può vedere la stalla dove Pietro Cordoni nascondeva gli sbandati. Oggi dove era ubificata la cascina (odierna Via Garofani) vi sono case popolari del quartiere IACP di Rozzano.

Così Cascina Ferrabue fu ricordata :”Ferrabue era una grande cascina, il proprietario era il Ferrario, stavamo sotto Gambarone e in quella cascina c’erano quindici o sedici famiglie.”
Antica Pianta di Cassino Scanasio con la Cascina Ferrabue (la parte distaccata dal centro abitato).

Durante la Seconda Guerra Mondiale, per costringere i giovani ad essere arruolati nell’ esercito fascista, le camicie nere eseguivano i cosiddetti rallestramenti. Si trattava della perquisizione di cascine e abitazioni per scovare eventuali disertori. Ovviamente queste perquisizioni si trasformavano in veri e propri saccheggi e violenze su cose e persone. Lo stesso Luigi racconta di aver visto più volte nella Cascina Ferrabue i fascisti che rubavano gli insaccati dei contadini e che, dopo averli molte volte malmenati, uccidevano i piccoli animali dei braccianti. Davanti a tutto questo Pietro non poteva stare fermo. Era un uomo rispettato da tutti, poiché nel suo mestiere di regolare l’afflusso dell’acqua sui campi era particolarmente abile, e sapeva bene che i fascisti non potevano torcergli un capello, siccome era un uomo prezioso (per via del suo lavoro) per la famiglia Ferrario: i fascisti non si sarebbero mai opposti direttamente o indirettamente ad una famiglia latifondista. Pietro decise quindi di usare il rispetto e la sua importanza come arma di bene.

Quando fra i lavoratori dei campi si espandeva la voce che s’erano iniziati i rastrellamenti da parte dei fascisti grazie alla sua professione allagava le campagne circostanti, impedendo alla milizia fascista di percorrere la maggior parte delle strade sterrate nelle vicinanze della sua cascina. In essa egli aveva allestito  nel fienile sopra la stalla dei buoi da lui accuditi, un luogo di riparo protetto e nascosto per chi fuggiva. Il rifugio, equipaggiato di vivande (poiché i rastrellamenti potevano durare ore), era nascosto alla vista dei fascisti grazie all’ enorme quantità di fieno che fungeva da parete. Il nascondiglio era anche irraggiungibile perché vi si poteva solo accedere da una scala che era nascosta  e abilmente costruita dallo stesso Pietro.

Pietro Cordoni, se la memoria non inganna, fu l’unico antifascista più volte attivo sul territorio di Cassino Scanasio. Egli era amato e conosciuto da tutta la frazione, rispettato dai datori di lavoro per la sua abilità nel mestiere ed era un buon padre di famiglia, sempre mosso da compassione e ragionevolezza, anche in momenti difficili, come quando per garantire una vita dignitosa al figlio, dovette mandarlo via di casa per ben due volte. Tragicamente fu strappato alla vita il 30 ottobre del 1961, quando recandosi nei territori del Visconte per irrigare i campi, fu investito da un’autovettura in una mattinata nebbiosa sulla strada Pavese.

Grazie a lui molti giovani sono riusciti a sfuggire e proteggersi dalle angherie del fascismo, e il suo ricordo, come il suo animo antifascista, vive ancora in suo figlio Luigi, nella sua famiglia e in tutti i suoi discendenti.
Flavio di A.N.P.I. Rozzano

4 Risposte a “Pietro Cordoni, l’antifascista di Cascina Ferrabue.”

  1. Veramente bello ! È meraviglioso che anche il nostro Cassino Scanasio abbia avuto delle persone come Pietro Cordoni. Spero che in futuro si venga a conoscenza di persone inedite che hanno fatto la storia della Resistenza così da trasmetterne i valori. Vai così Anpi Rozzano !

    1. Salve Renato. Siamo contenti che il nostro articolo le sia piaciuto. Sicuramente ci daremo da fare per scoprire nuovi antifascisti locali. Grazie per il suo sostegno.
      Si diverta a visitare il nostro sito!
      ANPI Rozzano

  2. Un ricordo che fa emozionare chi legge !
    Fa riflettere , su luoghi e storie lontane di persone scomparse ,ma vive nei cuori di chi ha vissuto questi momenti o le ha sentite raccontare dai propri cari con un immensa tristezza.
    Le persone dimenticano … è giusto ricordarle perché da questo si impara cosa sia la solidarietà umana e la forza di volontà che c’è in ognuno di noi.

    1. Grazie Lela per il suo commento. Ha completamente ragione!
      Si diverta ad esplorare il nostro sito!
      Un cordiale saluto.
      ANPI Rozzano

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